Semplicemente Vera: Archivio!

giovedì 11 febbraio 2010

Benvenuti

Benvenuti, visitatori; benvenuti nel mio mondo, che forse è anche un po' il vostro, se vi trovate qui.

Mi chiamo Vera, e sono nata nel 1985 in provincia di Napoli, a Castellammare di Stabia per la precisione.

Durante la mia burrascosa adolescenza, ho iniziato a pormi delle domande riguardo al tipo di persona che desideravo diventare crescendo; alcune risposte mi sono giunte prevedibili, mentre altre, onestamente, le ho trovate sorprendenti... ma comunque, ugualmente meritevoli di essere prese in considerazione.

Sono stata investita, quindi, da una forte urgenza di cambiamenti, che mi ha spinta, per quanto fosse possibile, ad attuare e mettere in pratica lo stile di vita che sognavo, traducendolo in realtà.


Sono diventata vegetariana nella primavera del 2002 e vegan qualche mese più tardi, e da allora non mi sono più fermata.
Diventare vegetariana è stato il passo più difficile per me perché, anche se fin da bambina desideravo smettere di nutrirmi di cadaveri, detestavo le verdure e la mia dieta era basata su cibi di origine animale. Tuttavia, la volontà di cambiare è stata più forte della pigrizia e della gola: sono riuscita a capovolgere l'impostazione della mia dieta, e infine a diventare vegan.
Non è stato facile, ma non tornerei mai indietro: questa piccola sfida mi ha insegnato ad avere il coraggio di diventare la persona che volevo essere, mi ha spronata a non aver paura di assomigliare a me stessa, sempre più.

Sempre più: perché non è finita, c'era ancora molto altro da fare... ci sarà sempre un passo in avanti da compiere.
Ho dovuto imparare ad andare avanti per la mia strada senza pregiudizi e soprattutto incurante degli altrui pregiudizi; ho dovuto imparare a cercare la mia verità fidandomi del mio intuito, senza mai farmi imporre da altri il loro pensiero, per scoprire da sola cosa andasse bene per me... e continuo a scoprire tutti i giorni una verità nuova.

Non mi piace mettermi delle etichette, perché non mi sento mai completamente dentro a una categoria. Vegan è solo un modo per dire che non consumo alcun prodotto di origine animale, ecologista significa che mi preoccupo dell'impatto che le mie azioni avranno sull'ambiente, e così via... ma le etichette, anche se aiutano a captare il macroscopico, spazzano via tutti i dettagli che ci rendono unici e diversi.

Questo sito si chiama Semplicemente Vera proprio perché non è solo un posto dove parlare di veganismo, di ecologia, di natura eccetera, ma rappresenta il modo in cui io osservo il mondo, vivo la vita, e sento sulla mia pelle l'importanza di questi grandi temi. E' il mio modo personale di viverli giorno per giorno, senza pretendere di avere la soluzione in tasca o la verità assoluta, ma senza neanche fingere di non poter fare nulla per cambiare le cose... E' la mia strada, per quel poco o tanto che vale, e la condivido, nella speranza che possa essere di aiuto, di stimolo, di sostegno per le persone che passano di qui.


Questo è un archivio, e lo userò per tenere in ordine gli argomenti trattati nel blog Semplicemente Vera; non vi troverete, pertanto, aggiornamenti quotidiani né frequenti, bensì la sintesi delle mie esperienze intorno a singole tematiche.
Mentre scrivo queste parole, il blog è solo all'inizio; nel tempo, emergerà la struttura che intendo dargli: scorrendo l'elenco degli argomenti (nella colonna sulla destra), si procederà come esplorando le stanze di una casa. Questo perché quasi tutti i contenuti del sito sono collegati alla realtà domestica: riguardano la mia vita reale, quotidiana, che si svolge, come per molti, in un appartamento.
La casa è anche un simbolo, il simbolo di una vita comune, vissuta "normalmente" sebbene sia intessuta di valori forti, intrecciata a scelte che vanno controcorrente... E' possibile vivere una simile vita, basta sapere dove trovare le informazioni giuste, e capire di non essere soli.

Quindi benvenuti, entrate pure, e sentitevi liberi di curiosare; ma state attenti a non perdervi nei meandri del mio reame, perché quando vi si entra... si rischia di non ritrovare più l'uscita.

Vera
11/02/08

martedì 18 marzo 2008

Autoproduzione del tofu

AGGIORNATO AL 18/03/08
Dopo qualche piccolo esperimento fallito, sono riuscita a preparare il tofu in casa; accanto potete ammirare il risultato!
Un'epica battaglia col frullatore, uno scontro titanico con la soia ribollente e la somministrazione di dosi di cloruro di magnesio imprecisabili hanno permesso al mio latte di soia fatto in casa di trasformandosi in tofu!

Sono partita dalla ricetta dell'International Vegetarian Union (una delle più diffuse), realizzandola però in dosi ridotte perché era solo una prova; ovviamente potete modificarle a piacimento.

Ingredienti: 100 g di soia gialla da agricoltura biologica, 1 l d'acqua (più quella di ammollo), cloruro di magnesio (in teoria ne serve poco più di un grammo, ma perché funzionasse ne ho dovuti usare circa 5 g; si acquista in farmacia).
Occorrente: due pentole capienti, un frullatore (anche a immersione), un recipiente forato di qualsiasi tipo (va bene un colapasta o un setaccio), un fazzoletto o garza di cotone per filtrare.

Mettete in ammollo la soia in acqua abbondante per 16 ore; acquisterà la forma oblunga del fagiolo; gettate l'acqua di ammollo e sciacquateli. Riscaldate 1 l d'acqua fino all'ebollizione; frullate il più finemente possibile la soia mescolando una piccola quantità di semi con l'acqua bollente. Trasferite questa crema in una seconda pentola man mano che la otterrete. Fate bollire per almeno dieci minuti, mescolando continuamente perché non bruci.
Poggiate il recipiente forato sulla prima pentola, rivestite col fazzoletto e versatevi il liquido, strizzando bene. Quello che resta nel panno è l'okara; non si butta, tenetela da parte: è ottima per preparare le polpette!
Mentre il latte bolle, sciogliete il cloruro di magnesio in un po' d'acqua bollente e versatelo poco per volta nella pentola, mescolando molto lentamente. Pian piano si formeranno i fiocchi di tofu, che inizieranno a galleggiare separandosi dal siero.
Raccogliete i fiocchi con un colino o con la schiumarola e metteteli nello stampo foderato col fazzoletto o la garza. Quando li avrete raccolti tutti, strizzate, poggiate un coperchio sui fiocchi e metteteci sopra un peso. Lasciate in pressione per mezz'ora: più tempo lo terrete pressato, più risulterà compatto.

Da 100 g di soia gialla si ottengono 130 g di tofu.

Costo finale: il prezzo delle marche di soia biologica reperibili nella mia città si aggira tra i 2 e i 3 euro al chilo; per cui più o meno a tale prezzo si ottiene 1 kg di tofu, considerando i costi aggiuntivi. Il cloruro di magnesio l'ho pagato 5 euro per 100 g, ma dura molto a lungo.

Varianti.
Potete incorporare nel tofu spezie, erbe e aromi vari, aggiungendoli ai fiocchi prima di pressarli; è buona norma, poi, versare un cucchiaino di sale nell'acqua "di cottura", perché il sapore ne trae giovamento.
Per ottenere un bel panetto rettangolare e compatto di tofu, facile da affettare, esistono in commercio delle presse per tofu, realizzabili anche da sé.

Preparare il tofu in casa non è difficile; il prezzo viene abbattuto, siete svincolati dagli orari del negoziante e da eventuali ritardi di consegna in caso di acquisti on line, potete controllare con sufficiente sicurezza la qualità del prodotto, siete liberi di scegliere la quantità da preparare, e di farlo in qualsiasi momento, mentre gli imballaggi del prodotto vengono drasticamente ridotti.

Tra l'altro, il tofu fatto in casa ha un sapore piuttosto delicato, risultando buono quasi al naturale. Loro, lo preparano, cucinano o conservano così:
Allora cosa mangi?
Cotto al vapore
Erbaviola
Ery
Fior di zucca
Essenza alimentare
Il pranzo di Babette
Petula
Raidne
Tabatuga
Tippitappi
Yari
Vegan3000
Wonderzdora

Io, invece, lo faccio così!
AGGIORNATO AL 18/03/08

giovedì 6 marzo 2008

Il compostaggio domestico

AGGIORNATO AL 06/03/08
Nel maggio del 2007 mi sono dedicata alla realizzazione di una compostiera "domestica", ovvero da tenere sul balcone.

Wikipedia ci fornisce le definizioni di compost e compostaggio domestico; per parte mia, molto brevemente, posso dirvi che esso è una sorta di "decomposizione controllata" dei rifiuti organici.
E' una pratica abbastanza diffusa per chi abita in campagna, ma perché mai dovreste farlo sul balcone? Presto detto: il compostaggio vi permette di alleggerire il lavoro alle discariche (e quest'unico motivo, visti i tempi, dovrebbe bastare!); inoltre, vi regala (con uno sforzo davvero minimo) terriccio fertile per coltivare fiori e piante d'appartamento, o anche verdura e perfino piccoli frutti da balcone, perché il prodotto finale è ricchissimo di nutrimento.

Gli ingredienti magici del processo di compostaggio sono: il giusto equilibrio tra scarti umidi e secchi; il grado ottimale di temperatura e umidità; una buona aerazione del cumulo; un ottimo drenaggio.

Personalmente, per allestire la mia compostiera, ho scelto la soluzione più economica: ho comprato un bidoncino bianco di plastica (tipo da biancheria) capiente 50 litri, l'ho bucherellato ben bene col trapano (punta da 5mm) sui lati e sul coperchio per arieggiare, ho posizionato delle piccole stecche di canna sul fondo per favorire il drenaggio ed approntato un letto di strisce di giornale, rigorosamente quotidiani in B/N.
Poi ho iniziato ad aggiungere scarti di verdura e piante, ben sminuzzati, alternandoli a fogli di giornale secondo l'ispirazione, terminando però sempre con uno strato di giornali e una manciata di terriccio, che copre gli odori e facilita il processo di degradazione, oltre a tenere lontani (o quanto meno sotto controllo) gli insetti. Il tutto va tenuto umido ma non troppo, e rivoltato periodicamente per aerare.

Per evitarvi brutte sorprese e un inutile doppio lavoro, vi dico subito che: se vivete in una famiglia numerosa, è meglio comprare un bidone capiente 100 l (nel periodo invernale, essendo il processo di degradazione più lento, rischiereste di terminare lo spazio disponibile troppo in fretta); per evitare problemi nel drenaggio, è meglio bucare anche il fondo del contenitore e poi poggiarlo su un sottovaso o un vassoio, nel quale verranno raccolti eventuali liquidi generati dal compost.

Un mese dopo aver inaugurato la compostiera, il bidoncino era pieno di moscerini della frutta (insetti del tutto innocui); alzando il coperchio si sentiva un buon odore, misto di terriccio e frutta matura.

Cosa si può mettere nel composter:
- semi di frutta, compresi i gusci della frutta secca (richiedono più tempo per degradarsi, ma aiutano a tenere il cumulo aerato)
- bucce di agrumi (non trattati con antiparassitari), in pezzi molto piccoli e sottili
- rami e foglie ben triturati (le foglie basta sbriciolarle una volta secche, i rametti si spezzano oppure si tagliano con le tronchesi, tuttavia senza biotrituratore restano sempre un po' spessi)
- "erbacce", possibilmente lasciate seccare un po' e sbriciolate
- avanzi di cibo cotto (in piccole quantità, però, perché attirano gli insetti)
- avanzi di frutta e verdura crude (bucce, semi o altri scarti)
- fiori secchi, compresi quelli tossici
- fondi di caffé, thé oppure tisane (filtri compresi)
- cenere di legna, in piccole quantità
- aghi di pino e foglie di castagno, che però abbassano il ph del compost
- carta, non stampata (o quanto meno in B/N)
- peli (ebbene sì, sono solita compostare le palle di pelo prodotte da Tarty... e se è per questo anche i miei capelli, non essendo tinti)

Cosa non si può mettere nel composter:
- carne, ossa, pesce e derivati animali (attirano troppa "fauna" indesiderata... e poi siamo vegan, no?!)
- cibi o materiali unti di olii o grassi (io, a dir la verità, ogni tanto ci metto anche la carta da cucina unta, ma poca...)
- materiale plastico, tetrapak, carta patinata o plastificata, vetro, ceramica, metalli... insomma, tutto ciò che non è biodegradabile!
- cenere di carbone (non mi chiedete perché)
- tessuti sintetici o tinti

Ho iniziato con poco, giusto qualche torsolo di mela, bucce di carota e cose simili, ma dopo qualche settimana sono riuscita ad ottenere la collaborazione della mia famiglia ed il volume degli scarti sottratti alla spazzatura è aumentato; tuttavia, il volume del cumulo si manteneva ridotto, perché gli scarti "rimpiccioliscono" col procedere della degradazione.
Vivo questa esperienza in modo molto positivo: inizialmente pensavo che il compostaggio domestico sarebbe stato scomodo e difficile, ma presto ho dovuto ricredermi! Il cumulo non puzza, non mi ritrovo (neanche dopo un anno) insetti in giro per casa, insomma tutto fila liscio, e per di più separare in casa i "rifiuti" mi sta insegnando a dare un diverso valore agli scarti: mi ingegno a buttare il meno possibile delle verdure e mangio la frutta con la buccia, per esempio; rivaluto le parti eseticamente non perfette... e almeno, se proprio decido di buttarle, so che non andranno del tutto sprecate!

Aumentando il volume degli "scarti recuperati", ho iniziato ad avvertire il bisogno di procurarmi un piccolo contenitore per lo stoccaggio provvisorio del materiale umido. Aggiungerlo man mano al compost non è la scelta migliore, perchè per dissuadere i moscerini è necessario ricoprire sempre il cumulo con strisce di giornale, oppure foglie secche, o terriccio, occupando spazio prezioso. E' molto più comodo tenere da parte i rifiuti, aggiungerli una volta o due alla settimana, e ricoprire solo a quel punto. Comunque, in qualsiasi modo conserviate i vostri scarti, riduceteli in pezzettini il prima possibile: vi assicuro che triturare una buccia di mela sul momento è molto più gradevole che doverlo fare dopo una settimana... e in aggiunta ad altre dieci, messe da parte nel frattempo!

Dopo un paio di mesi, rivoltando il cumulo per aerarlo, mi sono accorta che emanava un bel tepore; era quasi estate, ma il sole era tramontato da un pezzo... Ho sentivo chiaramente che il mio cumulo era diventato caldo. Questo vuol dire che è stato raggiunto un buon volume di scarti e che il processo di compostaggio è ben avviato. Quindi, se il vostro bidone "fuma", consideratelo un ottimo segno!

Nonostante la gran quantità di rifiuti prodotta nel periodo estivo, e per giunta contenenti molta acqua, il cumulo iniziò soltanto ad odorare un po' di alcol (proprio come la frutta troppo matura); ma rivoltandolo appariva chiaro come tutto stesse trasformandosi in terriccio: l'umidità era al punto giusto, i moscerini stavano arrendendo e... i sacchetti della spazzatura erano diventati decisamente più piccoli!

Questa è una foto del bidone come si presentava a giugno, dopo circa 40 giorni... per quanta roba ci buttassi dentro, dopo un giorno o due il volume risultava già dimezzato!
Il materiale sul fondo era già quasi irriconoscibile... nel giro di altri 40 giorni la degradazione di questi rifiuti sarebbe stata completa, tuttavia perchè il compost fosse interamente maturo (dato che gli scarti erano stati aggiunti in momenti diversi), sarebbero stati necessari almeno 6 mesi.

Il cumulo in dettaglio... si riconoscono ancora strisce di giornale e bucce di frutta. Oltre a tutto il resto: semi, gusci della frutta secca, bucce di agrumi, rametti, fiori e foglie secche, "erbacce" e simili, croccantini stantii di Tarty (vegan), scarti e avanzi di frutta e verdura crude (come bucce di frutta e patate), foglie esterne di insalata, torsoli, perfino bucce di melone e di banana, fondi di caffé e filtri di tisane, bricioline di pane e biscotti, qualche pezzo di tovagliolino, peli di Tarty e capelli miei... Il mio fedele bidoncino distrugge tutto!

Ecco l'aggeggio che uso per rimestare il cumulo... la lunghezza è perfetta, e la forma (vagamente "prensile") anche. Per tagliuzzare gli scarti e rivoltare il tutto mi metto dei guanti di gomma, così evito di sbrodolarmi con i liquidi prodotti dai rifiuti.

Questo è il piccolo secchio nel quale conservo provvisoriamente gli scarti. Di solito ci buttiamo tutto dentro, e a fine giornata mi armo di guanti e provvedo a tagliuzzare. E' un giusto compromesso tra triturare gli scarti sul momento (non sempre possibile) e farlo al momento di versare nel bidone grande (a quel punto sono diventati troppi e molto meno gradevoli da maneggiare).
Il secchio è tenuto nel sottolavello, a portata di mano e lontano dagli insetti. Per evitare eventuali cattivi odori (che comunque si presentano dopo 3-4 giorni, quindi c'è tutto il tempo di trasferire il contenuto nel bidone grande) potete mescolare all'umido qualcosa che contenga cellulosa: fogli di giornale o anche fazzolettini di carta. Quelli nella foto sono gli scarti, già in parte triturati, di due giorni.

Insomma, stava procedendo tutto bene, quando a Luglio successe un piccolo disastro... Come vi ho accennato, è bene provvedere a bucherellare il fondo del bidone e poggiarlo su un vassoio per evitare accumuli di liquido nel contenitore. Tuttavia io, inizialmente non l'avevo fatto: alla lunga, aggiungendo al cumulo poche foglie secche e troppa frutta, l'eccesso di liquidi della degradazione diede inizio all'emissione di odori orribili da parte del compost (per fortuna solo a distanza ravvicinata) e portò alla fuoriuscita dei liquidi stessi dai buchi laterali della compostiera (con conseguente allagamento del balcone).

Avrei dovuto semplicemente girare il cumulo e incorporare materiale assorbente (giornali, carta, foglie, segatura...) per risolvere la questione, ma non riuscivo a farlo perché, da bravo cumulo, il mio compost si era riempito, ma proprio riempito di forme di vita (insetti, insetti, insetti). Gli insetti mi fanno paura e ribrezzo e soltanto a guardare da lontano il bidone me li sentivo camminare addosso e fare il solletico; figurarsi infilarci le braccia dentro per rivoltarlo. Che pasticcio!!

Per ovviare, decisi che avrei lasciato la compostiera a riposo per tutta l'estate, così nel frattempo i liquidi si sarebbero asciugati, gli insetti sarebbero andati via (o per scarsità di cibo, o perché giunti al termine del ciclo vitale), e a settembre avrei trovato il compost pronto, o quasi. Ed in effetti così è stato!
Pur avendo lasciato il cumulo incustodito per tutto Agosto, non è accaduto nulla di male. Al mio ritorno il contenitore è stato temporaneamente svuotato, lavato, bucherellato, riempito di nuovo e poi inserito in una teglia da forno per raccogliere qualsiasi cosa decidesse di sgocciolare dal suo interno.

Ma se volete evitare tutti questi problemi... semplicemente, bucherellate il fondo del vostro bidone fin dall'inizio!

Risolti i problemi con la compostiera, il processo ricominciò in grande. A Settembre, a partire da un cumulo di rifiuti organici, ero riuscita ad ottenere il fertile terriccio che vedete in fotografia. Una bella soddisfazione!

A Novembre, il compostaggio domestico stava andando talmente bene che fui costretta ad approntare un altro bidone per avviare un nuovo ciclo. Sapevo che prima o poi sarebbe successo, ma in un certo senso non ci speravo: pensavo che le difficoltà mi avrebbero frenata, invece no: ormai "compostare" è diventato parte della mia routine e normalità... incredibile, eh?

Il mio bidone se ne sta lì, "finalmente" inerte, niente più invasione degli ultra-insetti, niente più "sudate" di liquami, niente odoracci, niente di niente, solo un leggero profumo di terra... lui sta lì e composta; io ammucchio gli scarti nel sottolavello, una volta alla settimana mi armo di guanti e riduco tutto a pezzetti, col coltello, poi svuoto nel composter, copro con foglie secche un po' sminuzzate, e ci si rivede la settimana successiva.

Quando il cumulo è arrivato al bordo del primo bidone, ne ho comprato un altro e ci ho rovesciato il mucchio, senza fare buchi: ormai praticamente è terriccio e ho pensato fosse superfluo preoccuparmi ancora di drenaggio e aerazione. Ogni tanto uso il compost per preparare un fertile "letto" nei vasi delle piante: le ultime insalatine sembrano averlo apprezzato molto! Il bidone vecchio, invece, quello bianco coi buchi, continua nobilmente a svolgere il suo lavoro, nonostante sia tutto sporco di polvere (rigata dalla pioggia) e di tracce di materiale organico... sembra un eroe ferito, crivellato di buchi grandi e asimmetrici; mi fa una gran tenerezza... soprattutto adesso che il mio Comune di residenza ha iniziato la raccolta differenziata dell'organico!
Non l'ho mandato in pensie, però, bensì sono giunta ad un compromesso. Tutti gli scarti deperibili e difficilmente biodegradabili (alimenti cotti, bucce di agrumi, scarti vegetali molto voluminosi) li getto nel sacco dell'umido, ma il bidone lo uso ancora per gli scarti di frutta e altri materiali facilmente degradabili. Non ho intenzione di regalare i miei rifiuti, continuando per di più a pagarci le tasse, quando essi mi garantiscono terriccio abbondante, in loco e davvero ricco e vitale!

Ho già detto tutto ciò che so sull'argomento, ma se volete tartassarmi risponderò volentieri alle vostre domande. Invito caldamente tutti voi a iniziare a compostare; se il vostro comune separa l'umido dal resto della "spazzatura", potete concedervi il lusso di non preoccuparvene; ma se non lo fa il comune, pensateci voi.
Abitate in una grigia cittadina? Non avete un giardino, un terrazzo, un balcone per le piante? Non conoscete nessuno al quale donare il vostro compost? Ma non è comunque più ecologico e sostenibile andare a svuotare un bidone di terra nei boschi ogni 6 mesi, piuttosto che lasciar marcire l'immondizia nelle discariche?



Ulteriori informazioni sul compostaggio: San Giorgio insieme, rifiutinforma, giardinaggio.it, fare verde, arpa (manuale in pdf), corso di compostaggio domestico (in pdf; contiene tutte le informazioni possibili sul compost; credo sia la miglior guida esistente in italiano, per chiarezza ed esaustività, sui vari metodi di compostaggio), compostaggio sul poggiolo (pdf estratto dal precedente); sito del comune di Lesignano (ancora in pdf). Se vi mancassero le idee sul tipo di compostiera da realizzare, aiutatevi con una ricerca su virgilio immagini alla voce (internazionale) "composter": ne salteranno fuori di ogni forma, colore e dimensione.
Per finire, una pagina (in inglese) utile per identificare gli invertebrati che potrebbero "invadere" la vostra compostiera: servirà sicuramente allo scopo (la lotta - pacifica - all'intruso!).
AGGIORNATO AL 06/03/08

giovedì 7 febbraio 2008

Mooncup (la coppetta mestruale)

AGGIORNATO AL 04/09/08
E veniamo dunque alla Mooncup (dove, al posto di Mooncup, potete leggere qualsiasi altro marchio di Menstrual cup o Coppa mestruale che dir si voglia).

E' un argomento contro cui sono andata a sbattere spesso nelle mie ricerche sugli assorbenti di stoffa: ogni qual volta li nominassi, saltava fuori qualcuna a consigliare Mooncup come il nuovo traguardo delle mestruazioni ecologiche.

In Italia sento parlare sempre e solo di Keeper e Mooncup; esistono anche altre marche, tuttavia il funzionamento è il medesimo: si tratta di una "coppa", appunto, in materiale inerte e riutilizzabile, che si inserisce nella vagina raccogliendo il flusso, invece che assorbirlo.

Le opinioni in merito si sprecano e generalmente sono positive; basta usare un motore di ricerca e troverete di tutto di più (negozi on line compresi: i prezzi variano a seconda dei distributori). Di Mooncup parla ecomamma, si accenna su camminare lento e si discute su forum etici, ma in qualsiasi forum al quale siano iscritte più di dieci donne, ormai, si entra nell'argomento. E se ne dicono di cotte e di crude, come si può leggere nella presentazione dell'oggetto su Ecoblog: purtroppo molte ragazze ragliano "che schifo", ovviamente senza averla mai provata; una (esigua) minoranza ci si trova male, ma la maggioranza, invece, si lancia in commenti entusiastici (cliccate su tutto doppio, il pane e le rose, o sai cosa ti spalmi).

L'entusiasmo è contagioso, e così mi sono decisa a comprarla: in un torrido agosto 2007, dopo aver usato per otto mesi gli assorbenti di stoffa, sono passata a Mooncup. Ordinandola, sia chiaro, con molto scetticismo.
Non è che fossi scontenta degli assorbenti di stoffa, tutt'altro, ma mi sentivo pronta (o almeno disposta) a tentare quello che ritenevo essere il passo successivo, in termini di comodità, economia ed ecologia.

E così...

Arriva il pacco. Grazie ad un improvvisato acquisto di gruppo su forumetici, compro la mia Mooncup dalla Bottega della luna al costo (spedizione inclusa) di 28 euro.
Suggestionata dai racconti sull'enormità dell'oggetto mi aspettavo un imbuto di spropositato; perciò, al primo sguardo, esclamo "così piccola?". L'impressione è positiva: la coppa è flessibile e morbida, e mi crogiolo nell'idea che usarla sarà un gioco da ragazze.

Il giorno seguente la guardo di nuovo e mi rendo conto che è enorme. Trascorro il mese successivo tra disperazione e un immotivato ottimismo, leggendo il libretto di istruzioni fino ad impararlo a memoria nella speranza che mi protegga come un mantra.

Giorno prima delle mestruazioni. Ignoro il libretto (che suggerisce un primo utilizzo negli ultimi due giorni del ciclo) per dare credito alle esperienze delle donne che l'hanno provata senza avere le mestruazioni (la Mooncup, non avendo potere assorbente, non crea problemi di attrito). Mi lancio in una serie di tentativi per prepararmi all'evento, ma il risultato è nullo e il morale scende a terra.

Non ce la farò mai.

Giorno 1. Le mestruazioni mi arrivano mentre sono in spiaggia a leggere Kathy Reichs; trotterello verso la tenda, invasa da una gioiosa angoscia: comunque vada, è giunto il momento della verità.
La mooncup è stata sterilizzata, il gambo accorciato dopo le prove del giorno precedente, ho il bagno tutto per me: posso avviare le operazioni in gran segreto.

Cercando di respirare come se stessi contemplando il cielo stellato (con ritmo placido e regolare: inspirare... espirare... inspirare... espirare...), lotto per 15 minuti con la coppetta. Accanitamente.

Provo la tecnica di piegatura numero 1, poi la numero 2 (presente nel libretto di istruzioni e ora visibile in questo video); mi metto in piedi, mi accovaccio, mi siedo, spingo, giro, tiro, sposto, mi sforzo di rilassare i muscoli mentre il respiro mi si strozza in gola (niente da fare!, penso, mentre la mia vagina protesta: "non penserai di infilare quel coso qui dentro, vero?"), il sudore mi cola a rivoletti ovunque, ma poi accade il miracolo.

Non so come, la coppetta è entrata.

Mi alzo in piedi incredula e in effetti non sono sicura che la coppa sia dentro. Dove diavolo è finita? Non riesco né a sentirla né a toccarla e soprattutto non ho idea di come farò a toglierla. L'esultanza iniziale si affievolisce quando mi visualizzo al pronto soccorso, con una lampada puntata negli occhi, mentre l'intero reparto ginecologico mi fruga allegramente tra le gambe, bloccate sulle staffe di un lettino. Scaccio l'idea e sorrido ottimista: il mio corpo, nella sua istintiva e meravigliosa saggezza, saprà aiutarmi al momento opportuno.
Mentre aspetto quel momento, mi distraggo cercando di convincermi che i capogiri avvertiti durante il posizionamento non indicano una sindrome da shock tossico, ma solo grande emotività. Mi lavo le mani, e non riesco a credere di avercela fatta. Sono stremata e felice.

Quattro ore dopo. Sono le 23, casco dal sonno e i dolori mestruali sono giunti alla loro intensità media (bollino arancione). Vado in bagno cercando di ignorare il parentando che gioca a carte 2 metri più in là; mi siedo sulla tazza (è la posizione più comoda) e cerco di afferrare il gambo della mooncup.
Mi pento in un lampo della costanza con cui da 12 anni mi faccio crescere le unghie: le cure continue le hanno trasformare in artigli d'acciaio... Cambio strategia, e tento non di afferrare, ma almeno di toccare la sporgenza della coppetta. Riesco appena a sfiorarne la superficie, ma nulla più, e mi domando se è il caso di chiamare il soccorso speleologico. Mi echeggiano nella testa le classiche voci di corridoio sul tema "preservativi smarriti in vagina" e "tampax persi per sempre col filo spezzato"; il panico minaccia di assalirmi, mentre mi domando per quanto tempo potrei tenermi dentro la mooncup, simulando indifferenza, prima di andare in setticemia.

Cinque minuti dopo. Invoco tutta la potenza repressa dei miei muscoli vaginali. Ringrazio Jacopo Fo per avermeli fatti scoprire (e non capite male!), e il signor Kegel per avermi aiutato a svilupparli. Capisco finalmente cosa intendono le ostetriche quando nei film incitano a "spingere", e sento spuntare tra le dita non solo il gambo, ma addirittura la base della coppa.
Sono troppo emozionata per fare qualcosa di più che stringerla convulsamente e tirare, tirare, tirare; per caso, schiaccio la base abbastanza da allentare l'aderenza, e la mooncup scivola fuori, facendomi però più male del dovuto (la schiaccio troppo in basso, e il bordo esce completamente aperto).

Il cono traslucido sporco di sangue mi sembra la "creatura" più bella del mondo; accendo la luce per rimirarla meglio e mi congratulo per l'ottimo lavoro: circa un cucchiaino di sangue rosso vivo giace nell'alveo di silicone, mentre il mio assorbente di stoffa, messo per sicurezza, si rivela immacolato. Rovescio la coppa nel lavandino, rimpiangendo di non essere a casa per innaffiarvi le piante, e un dubbio mi assale: il desiderio di correre coi lupi mi sta trasformando in una feticista del mestruo?
Considerando lo sforzo volutoci per non fotografare la scena, devo ammettere di sì.

E adesso? Lavo mani e coppa e intavolo trattative con me stessa: reggendo la mooncup come se fossi Amleto mi domando se reinserirla o meno. Mi torna in mente un ritratto di Ofelia morta nel lago (forse per sindrome da shock tossico?) e mi rispondo che tutto sommato la gloria può attendere: per questa notte voglio dormire tranquilla. Non riesco a scacciare dalla testa l’idea che il sangue, trovandosi l’uscita sbarrata, risalirà le tube di Falloppio mandandomi in setticemia (il sonno gioca brutti scherzi). Cerco di convincermi che questo non può realmente accadere, ma il cervello, già addormentato, non mi ascolta.

Mezzanotte. Io e il mio assorbente di stoffa andiamo a letto. Sento di essere tornata sul pianeta Terra (ma neanche mi ero accorta di averlo abbandonato), mi rilasso e mi addormento…

Giorno 2. Mi sveglio con una sgradevole ma ben nota sensazione di appiccicaticcio alle cosce, alla quale in poche ore mi ero già disabituata.
Nel cuore della notte ho provato ripetutamente a inserire Mooncup, ma il mio corpo ha opposto una tale resistenza da farmi pensare a un improvviso "attacco" di vaginismo; pertanto sono molto sfiduciata: inizio a credere che sia stata solo fortuna, e l’esperienza sia irripetibile.
Invece, bastano 5 minuti per beccare l’angolazione giusta; la coppetta entra dolcemente e si dispiega subito, lasciandomi a bocca aperta. Il meccanismo resta avvolto da un velo di mistero, e mi domando scoraggiata dove sia il manuale di istruzioni della mia vagina…

Ore 14. Primo cambio della giornata. Corono finalmente il mio sogno di sempre: sapere con esattezza l’ammontare delle mie perdite mensili (risulteranno 65 ml in tutto - così poco?). Ancora una volta l’estrazione è un po’ dolorosa, a causa delle unghie; il reinserimento richiede tempo, ma procede bene. Taglio un altro pezzo di gambo e la vestibilità si avvicina alla perfezione; mi sento così comoda da desiderare ardentemente di andare a mare… Se solo la si potesse portare per 7 giorni di seguito, senza mai toglierla!
Non registro nulla di insolito, nessun fastidio, tranne un frequente bisogno di fare pipì: probabilmente è la coppa che preme sulla vescica, ma me l'aspettavo.

Giorno 3. Dopo aver accorciato il gambo, le cose vanno ancora meglio. Scopro che davvero non è necessario toglierla per espletare i propri bisogni corporali… e meno male, perché continuo a fare pipì più spesso del solito. La tenuta è stata perfetta, tranne di notte: al risveglio mi ritrovo leggermente macchiata e non capisco il motivo (forse ho spinto troppo in su la coppa, facendole perdere aderenza?). Tuttavia, riposiziono la mooncup e l’incidente non si ripeterà più.

Ormai le operazioni di estrazione e inserimento non sono più un incubo e mi riescono con sufficiente scioltezza e velocità. Il desiderio di fare il bagno in mare viene frenato solo dall’idea che potrei diventare facilmente un bocconcino per pescecani…
Per il resto, Mooncup sembra essere diventata parte di me e non mi da più alcun pensiero, me la dimentico quasi; i giorni seguenti scivolano via e al termine delle mestruazioni non mi sono proprio accorta di aver avuto perdite di sangue. Ho dovuto cambiarmi solo 3-4 volte al giorno e senza mai sporcarmi.

Ho speso 28 euro per uno strumento che potrebbe durare, se ben tenuto, fino a dieci anni.
Calcolo rapidamente…

Pagavo un pacco dei miei assorbenti (Lines seta ultra con ali, da 16 pezzi) circa 2 euro (comprandoli "all’ingrosso"; altrove il loro prezzo oscilla tra i 2.50 e i 2.90 euro), e ogni due cicli consumavo tre pacchi. In un anno buttavo quindi quasi 40 euro di assorbenti (se ho contato bene ), ma avrei potuto arrivare a più di 50 comprandoli altrove.

Il risparmio economico, dunque, è notevole; le considerazioni ecologiche fatte passando agli assorbenti di stoffa valgono anche per mooncup: niente più abbattimento continuo di alberi per imbottire gli assorbenti, niente più problema continuo di smaltimento del rifiuto (cellulosa, cotone, fibra di legno, ma anche materiale sintetico).

Ne sono entusiasta, una volta indossata è davvero comodissima, non si sente affatto; la consiglio anche a chi non ha molta confidenza col proprio corpo o non ha mai usato assorbenti interni. Neanch'io l'avevo mai fatto, ma ci sono riuscita tranquillamente, quindi ci può riuscire qualunque donna!

Per sdrammatizzare... Andate a guardare questo video su youtube, è troppo carino!
E non perdetevi le istruzioni per mettere e togliere mooncup (utili per comprendere i movimenti da eseguire), la video panoramica delle alternative ai tamponi (peccato che non sia tradotta), la pagina di wikipedia dedicata alle coppette mestruali, in inglese e in italiano (con utili collegamenti esterni).

Ormai, dopo tanti mesi di utilizzo della Mooncup, posso confermare al 100% la mia valutazione iniziale: mi ci trovo benissimo.

Col passare del tempo la coppa sembra sempre meno enorme e diventa più familiare; sono presto entrata in una rassicurante routine riguardante il mio ciclo mestruale...
Quando sento quel dolorino in fondo al ventre che vuol dire "in arrivo tra poche ore", prendo il mio pentolino (comprato appositamente per lo scopo) e faccio bollire per 7 minuti la coppetta; poi la asciugo e, se sono a casa, aspetto tranquilla le prime tracce di sangue per indossarla; altrimenti, se devo uscire, la metto subito con molta delicatezza (finalmente ci riesco!). Ho lasciato il gambo alla lunghezza di 5 mm, ma non lo uso affatto, e potrei scorciarlo ancora.

Ormai ho preso confidenza con le procedure di inserimento ed estrazione; la piegatura è sempre la numero 2; la posizione migliore per metterla è a cavalcioni del bidet (così sto comoda e posso svuotarla e lavarla con tutta calma), basta tenere la coppa saldamente piegata (se necessario usando entrambe le mani: una davanti a chiuderla, una dietro a spingerla) ed entrerà facilmente. Per toglierla, dopo aver afferrato e schiacciato la base, separando una parte del bordo dalla vagina, un po' per la posizione naturalmente assunta, un po' con delicate spinte dei muscoli pelvici, un po' afferrando la parte inferiore e tirando piano al ritmo del respiro, vedrete che farla uscire non sarà più un problema. Non temete l'effetto "strappo": Mooncup non è come un tampone, non assorbe il flusso quindi è impossibile che si appiccichi alle pareti vaginali perché troppo asciutte; basta che riusciate a farle perdere aderenza (i buchi sotto al bordo servono a questo) ed è fatta.
L'unico disagio che si avverte è lo stimolo frequente a fare pipì, ma dopo un paio di giorni tutto rientra nella normalità.
Finite le mestruazioni, la lavo accuratamente, pulisco i forellini sottostanti il bordo della coppa con un ago (se si otturano impediscono una corretta aderenza alle pareti vaginali e ciò può causare perdite di sangue), la sterilizzo e la metto nel suo sacchetto; poi la sterilizzo di nuovo appena prima del ciclo successivo.
Ricordatevi di sterilizzarla sempre non solo all'inizio, ma anche alla fine del ciclo, perché se le mestruazioni vi vengono all'improvviso (o durante la notte) non avrete il tempo di farlo. Anche se quando la si conserva si riempie di polvere, è sempre meglio averla sterilizzata e poi lavarla solo col sapone prima di indossarla, piuttosto che non sterilizzarla affatto. Basta farci l'abitudine, e questi piccoli ma importanti gesti diventeranno costanti senza che neanche ve ne rendiate conto.

Davvero, pensavo che non ce l'avrei mai fatta, invece adesso mi sento molto meglio, affronto il ciclo da un'altra prospettiva anche se resto sempre preda dei dolori mestruali.
La sensazione di comunione col mio corpo che provavo usando gli assorbenti di stoffa non è sparita: confesso di averci messo del tempo per abituarmi a non veder più defluire il sangue all'esterno di esso, ma il fatto che rimanga raccolto dentro di me e di doverlo tirare fuori implica in un certo senso un contatto ancora più profondo con me stessa, soprattutto perché sono costretta ad infilare e sfilare la coppa innumerevoli volte, e questo mi sta dando una confidenza col mio essere fisico che non avevo mai avuto. E quando parlo di contatto profondo con me stessa, non intendo solo fisicamente (il che non fa mai male), ma anche psicologicamente. La mooncup mi sta restituendo la sacralità delle mestruazioni.

Concludo dicendo che anche se non ho mai usato la coppa mentre praticavo sport, l'ho indossata stando seduta, sdraiata a pancia sopra e sotto e sul fianco, a testa in giù con le gambe stese in alto (ehm... problemi con la circolazione di ritorno), rannicchiata in una poltroncina con le ginocchia poggiate alla testiera antistante (non sarebbe il modo ortodosso di seguire i corsi all'università...), accovacciata in tutti i modi possibili e immaginabili, e comunque ci ho passeggiato, rincorso il gatto, danzato la danza del ventre e fatto qualsiasi altra normalissima attività quotidiana, comprese altre che mi costringessero ad agitarmi come una pazza, il tutto senza perdite né fastidi.

L'ho perfino indossata al mare e mi sono goduta il bagno come mai prima, con una tranquillità impensabile fino a pochi mesi fa.
Ho preso il sole e nuotato per ore, sentendomi perfettamente a mio agio: non una macchia, non un rumore, non la benché minima sensazione di sgocciolamento ha turbato i miei sciabordii. Ho riscontrato un unico inconveniente: se nuotando ci si agita molto (molto: non parlo di una semplice nuotatina per restare a galla!), può entrare dell’acqua nella coppa (mentre se ci si limita a immergersi e riemergere non accade). Il problema non è tanto l’acqua che entra, ma piuttosto la successiva fuoriuscita della stessa una volta in spiaggia: se si è mescolata a sangue, potreste macchiare i costumi! A me è successo, una volta, ma solo nella fodera interna che, rimanendo umida fino al ritorno a casa, ho poi pulito facilmente col sapone. Dunque: evitate i costumi molto chiari, e soprattutto non vi dimenticate di svuotare la coppa prima di andare al mare, così il flusso non ristagna; al ritorno, ovviamente, svuotatela di nuovo, lavandola e lavandovi bene col detergente intimo.
E' stato fantastico poter fare il bagno con le mestruazioni, mi sono goduta la gioia di un contatto intimo col mare... quasi più che nei giorni "normali"!

Compratela, leggete attentamente le istruzioni (troverete un libretto nella scatolina; sono anche tradotte in italiano, cercate bene), state rilassate e vi assicuro che presto andrà tutto liscio!

Come testimonianza finale, vi propongo un bellissimo articolo scritto da un'amica: rappresenta il sunto delle esperienze di un nutrito gruppo di ragazze che utilizzano da qualche tempo la mooncup. Sono sicura che fugherà ogni vostro ulteriore possibile dubbio.

MOONCUP
Cos’è
La Mooncup è una morbida coppetta in silicone chirurgico, che raccoglie il flusso mestruale. Si inserisce nella vagina. Se inserita correttamente la Mooncup è così confortevole che non si sente.
Va svuotata ogni 4-8 ore secondo l’intensità del flusso. Poi basta sciacquarla o pulirla con una salviettina e reinserirla. Si riutilizza ciclo dopo ciclo, sterilizzandola di volta in volta prima dell’uso.

Ecco com’è fatta:




Come si usa
Si inserisce nella vagina come un tampone, ma più in basso rispetto ai tamponi, ovviamente con l’apertura della coppetta rivolta verso il collo dell’utero.

Alla pagina http://www.labottegadellaluna.it/moon_uso.html è illustrata benissimo la fase di inserimento passo dopo passo. Non credo sia necessario aggiungere altro.
Esistono anche dei video su YouTube che spiegano l’utilizzo:
http://www.youtube.com/watch?v=7l2QpWfrXhM
http://www.youtube.com/watch?v=moFxuKGu7Kg

Ogni ragazza poi affina un proprio metodo per metterla, un po’ come per gli assorbenti interni. L’importante è rilassarsi, altrimenti si rischia una contrazione dei muscoli vaginali che rende ardua l’operazione.
All'inizio si può incontrare un po' di difficoltà a toglierla, per una specie di effetto "risucchio" che può infastidire. Sedersi sulla toilette o accucciarsi, spingendo verso il basso con i muscoli addominali, aiuterà la Mooncup a scendere più in basso, verso l'ingresso della vagina, dove è più facile raggiungerla e afferrarla (stando distesa o in piedi sarà meno semplice raggiungere la coppetta). Prendere delicatamente con le dita la base della Mooncup e tirare verso l'esterno applicando una leggera rotazione, seguendo l'angolazione naturale della vagina e accertandosi che l'aderenza sia allentata. Strizzare leggermente la base della Mooncup e ruotarla fino a far uscire l’aria aiuterà a sfilarla senza problemi.


Chi può usarla
Tutte le donne che hanno sufficiente dimestichezza con le proprie parti intime (o che vogliono acquisirla… quale migliore occasione?).
Esistono due varianti di taglia:

A: per donne over 30 e/o donne che hanno avuto figli (46 mm di diametro)
B: per donne under 30 e/o donne che non hanno mai avuto figli (43 mm di diametro)
Non c’è comunque molta differenza…

Si può usare fin dalla prima mestruazione. Maggiore è la confidenza con il proprio corpo, più semplice sarà l'uso. Ci vorrà un pò di pratica all'inizio, come del resto per gli assorbenti interni usa e getta. Per aiutarsi è possibile inumidire con un po' d'acqua l'orlo della coppetta, oppure utilizzare un lubrificante a base d'acqua (mai quelli a base di olio, rovinano la coppetta).

In teoria può essere usata anche da chi è vergine. Tuttavia potrebbe capitare che l'imene si allunghi o si laceri. Ogni donna ha un imene di forma, consistenza e dimensioni differenti. Alcune donne nascono senza l'imene, o in altri casi esso si lacera senza che la donna se ne accorga, anche praticando un'attività fisica come il ciclismo, l'equitazione, la danza, lo stretching… una volta strappato, l'imene diviene un anello di tessuto irregolare posizionato intorno all'apertura vaginale.


Che vantaggi offre rispetto ad assorbenti tradizionali (interni ed esterni)?
Vantaggio economico: durante la vita fertile una donna consuma migliaia di assorbenti, con un dispendio economico non indifferente. Il costo della Mooncup, che si può usare per 10 anni (130 mestruazioni!!), è nettamente inferiore al prezzo per gli assorbenti.

Vantaggio ecologico: meno energia spesa per la produzione, meno rifiuti… nel water finisce solo sangue, non più cotone o plastica.

Vantaggio igienico: il silicone di cui è composta è un materiale che non facilita la proliferazione batterica (come invece sembra accadere per il rayon e le fibre sintetiche usate negli assorbenti usa e getta).
Se correttamente usata, la Mooncup presenta un rischio assai limitato di TSS (sindrome da Shock Tossico). Ovviamente è necessario toglierla e pulirla regolarmente, così da evitare che si possa annidare il batterio responsabile della TSS. Non altera l’equilibrio della mucosa vaginale né deposita fibre estranee nella vagina. Con la Mooncup il tuo corpo non sarà a contatto con sostanze chimiche. Niente più macchie, niente più irritazioni e secchezza vaginale. È perfettamente tollerata anche dalle donne allergiche o con pelle molto sensibile.

Maggiore discrezione: non lascia trapelare odori, non fa rumore, non perde, non si vede sotto i vestiti. Niente cordoncini appesi all’esterno che possono spuntare sotto il costume o la biancheria intima. Nessun problema di utilizzo durante lo sport (compresi quelli più intensi come arti marziali, equitazione, corsa, bicicletta… e niente fuoriuscite imbarazzanti durante il nuoto!).

Vantaggio… generico: si usa dal primo all’ultimo giorno delle mestruazioni, anche di notte e anche nei giorni in cui il flusso è molto ridotto (senza dare problemi di secchezza come i tamponi o cattivi odori come i salvaslip). Sapete cosa significa? Niente più mille confezioni di assorbenti e salvaslip di misure diverse a occupare l’armadietto del bagno!!!! E anche in viaggio… solo un piccolo sacchetto da mettere in valigia!!!

Vantaggio animalista: niente più finanziamenti ad aziende che producono assorbenti e prodotti per l'igiene della persona, testandoli su animali. La coppa ha perfino la certificazione cruelty free! [Nd Vera]


Dove si acquista e quanto costa
La mooncup può essere acquistata online, a questi indirizzi:
http://www.mooncup.co.uk 18,99 sterline compresa la spedizione in Europa
http://www.ipiccolissimi.it 30 euro + spese di spedizione
http://www.labottegadellaluna.it 29 euro + spese di spedizione
http://www.kuukuppi.fi/ 28,90 euro + spese di spedizione
Su ebay molti rivenditori di prodotti naturali ce l’hanno (ad esempio http://stores.ebay.it/Mother-Natures-Goodies 26 euro compresa la spedizione).

Alcune ragazze l’hanno vista in vendita anche in stand di fiere sul biologico, comunque sul sito La Bottega della Luna c’è anche un elenco dei rivenditori in Italia.

Viene venduta in una scatolina di cartone, corredata di istruzioni e di un sacchetto di stoffa in cui riporla quando non si usa. Non va riposta in contenitori di plastica chiusi, ma solo nel suo sacchetto.


Come si sterilizza
La sterilizzazione della Mooncup è necessaria prima del suo inserimento nella vagina.
Non è invece necessaria a ogni cambio o alla fine del suo periodo di utilizzo, per cui basta lavarla con acqua e sapone neutro (ottimo allo scopo il sapone intimo).

La sterilizzazione può essere effettuata mediante:
- Bollitura per 5 minuti in un pentolino. Molte ragazze, per evitare di bollire il latte nello stesso pentolino in cui hanno sterilizzato la Mooncup, hanno comprato un pentolino a parte, coniando il termine di “Moon-pentolino”. Il sacchetto non va bollito.
- Ammollo per 30 minuti (sempre senza sacchetto!) in un contenitore con acqua fredda (io trovo comodo il contenitore per le urine, ne ho uno che uso solo a questo scopo, ma va bene un qualsiasi bicchiere, anche di plastica) + Amuchina oppure una porzione di pasticchina di quelle utilizzate per sterilizzare biberon. Ciascuna marca di pasticche ha un suo dosaggio in relazione alla quantità di acqua, seguire le istruzioni riportate sulla confezione e fare la proporzione con la quantità di acqua che si usa.

Quando si svuota è sufficiente lavarla con acqua e sapone prima di reinserirla.

Non mettere nel microonde e non usare olii essenziali: si deteriora perdendo efficacia.

Se si è in bagni pubblici in cui il lavandino è fuori dalla toilette, la Mooncup è facilmente pulibile con una salviettina (ok quelle per igiene intima) o una bottiglietta d’acqua.

Alcune ragazze portano in bagno una bottiglietta contenente un po’ di soluzione ottenuta con la pasticchina da biberon o Amuchina… utile per disinfettare anche le dita prima di inserirle nella vagina, visto che si toccano maniglie, tavoletta del water etc. toccate da altre persone.


Interazioni con anticoncezionali
La Mooncup non è un dispositivo contraccettivo e va tolta prima dei rapporti sessuali.
Non interferisce con la spirale né - naturalmente - con la pillola o i cerotti. Idem per il diaframma, visto che si toglie prima di inserirlo.
Chi usa l’anello Nuvaring non riferisce problemi perché nel periodo delle mestruazioni l’anello non viene inserito nella vagina e quindi non ci sono problemi. Se al momento del reinserimento dell’anello sono presenti perdite non ci sono difficoltà nell’uso della Mooncup perché viene posizionata più in basso rispetto all’anello.


Problemi riscontrati da alcune ragazze
Diffcoltà di inserimento o di estrazione: tutto sta a prendere confidenza con questo strumento e con il proprio corpo. Dopo la prima volta è tutto più facile.

Sensazione di corpo estraneo: specie per chi non è abituata neanche agli assorbenti interni, le prime volte la Mooncup può dare la sensazione di “sentire” un corpo estraneo. Alcune ragazze rifersicono un senso di pressione sulla vescica. In ogni caso dopo le prime volte quando si impara a inserirla correttamente, ci si scorda completamente di indossarla.

Dolore quando ci si siede o si cammina: generalmente è il gambo che “pizzica” le labbra e provoca fastidio. Meglio accorciarlo o rimuoverlo del tutto, tanto più che non è necessario per l’estrazione.

Cistiti o Candida: non ci sono evidenze che mostrano un aumento di cistiti o candida rapportato all’uso della Mooncup. L’importante è sterilizzarla sempre prima dell’uso e avere le mani ben pulite quando la si inserisce o estrae.

Unghie lunghe: certo non sono il massimo della praticità e dell’igiene… ma non costituiscono un ostacolo insormontabile.

Alcune ragazze hanno avuto gocciolamenti fuori dalla Mooncup: probabilmente l’hanno solo inserita troppo in alto o è rimasta schiacciata tra il collo dell’utero e le pareti della vagina. Toglierla e reinserirla correttamente eviterà questo problema. In alcuni casi può darsi che le pareti della vagina siano poco toniche… niente paura, esistono esercizi specifici per “rassodarla”!!

Citazioni cinematografiche (per sdrammatizzare un pò)
Fa un indiscutibile effetto Splatter versare il sangue nel lavello o nel wc.

C’è chi dice che infilarla con le unghie lunghe fa effetto Freddy Krueger.

C’è chi la chiama il Sacro Graal… ormai ce la chiamo anche io perché mi fa più simpatia. Come ogni Graal che si rispetti porta con sé un mistero: alcune ragazze (me compresa) hanno notato una minore durata del ciclo. Abbiamo cercato insieme spiegazioni e la più plausibile è che, raccogliendo il sangue già prima che esca senza fare da “tappo”, faciliti il suo scorrimento fuori dall’utero… ma è tutto da verificare.
AGGIORNATO AL 04/09/08

venerdì 28 dicembre 2007

Assorbenti ecologici - biodegradabili e di stoffa

AGGIORNATO AL 27/12/07.
Il mio viaggio - o, per meglio dire, la mia affannosa ricerca - attraverso il mondo delle "mestruazioni eco compatibili" è iniziato nel dicembre del 2006.

Più o meno in quel periodo, cercando di rendere il mio passo su questa Terra il più leggero possibile, capii che l'utilizzo di prodotti "usa e getta" non rientrava affatto nella strategia.

Ammetto la forte influenza che esercitò su di me la lettura del libro di Julia Hill Ognuno può fare la differenza. Riportava il seguente dato: "gli americani gettano via ogni anno pannolini in quantità tale da coprire almeno sette volte la distanza tra la Terra e la Luna". Un'immagine scabrosa!
Anche se l'esempio si riferiva ai pannolini per bambini, pensai subito che gli assorbenti igienici femminili non sono poi molto diversi - e anzi, a differenza dei neonati, noi donne li utilizziamo per gran parte della vita.

Gettare via i pannolini usati dei bambini è uno dei gesti che, in assoluto, inquina di più l´ambiente. Per produrre un pannolino usa e getta, infatti, c´è bisogno di polpa di legno, plastica e di processi chimici per garantire il massimo assorbimento. E il loro consumo costa moltissimo all´ambiente. Secondo recenti dati ogni bambino italiano utilizza, nei primi tre anni di vita, circa 4500 pannolini, che corrispondono a 20 alberi di grandi dimensioni. In Italia, ogni giorno vengono utilizzati circa sei milioni di pannolini.
L´impatto ambientale degli assorbenti igienici da donna è simile e il loro consumo enorme. In Europa occidentale ogni giorno se ne producono 24 miliardi per circa 90 milioni di donne: l´equivalente di un grattacielo alto 200 metri e con una base grande come un campo da calcio.

(Fonte)

Ogni donna durante la sua vita consuma almeno diecimila assorbenti igienici. E questo consumo va spesso a discapito dell’ambiente. Vediamo perché.
Assorbenti esterni e tamponi sono costituiti da strati di cellulosa, cotone e fibra di legno. Ma accanto alle fibre biodegradabili nei primi ritroviamo strati sottili di materiale sintetico, che servono a proteggere le mutandine.
Proprio questi fogli impermeabili in materiale plastico, oltre a facilitare la proliferazione dei batteri, irritando le pelli più delicate, risultano difficili da smaltire e quindi altamente inquinanti.
Gli assorbenti interni come gli “Ob” e i “Tampax” hanno un impatto ambientale certamente minore, essendo composti di cellulosa e cotone, ma è bene gettare anche questi nella spazzatura piuttosto che nel water.

(Fonte)

Per la biodegradazione dei pannolini sono necessari dai 100 ai 500 anni, ed è più o meno lo stesso per gli assorbenti da donna.

Dovevo necessariamente cercare una soluzione diversa; pertanto, comprai una confezione di Natracare, assorbenti costituiti interamente di fibre vegetali, ipoalleregenici, sbiancati senza cloro, privi di profumazione aggiunta, resine, leganti chimici, sostanze tensioattive, e completamente biodegradabili.
Purtroppo, con questi non mi trovai affatto bene, non assorbivano ma lasciavano asciugare il flusso in superficie; altre donne però li usano con soddisfazione, dimenticandosi la sensazione di umidità che caratterizza i prodotti usa e getta con plastica. Ed è senz'altro degna di nota la possibilità di usare tamponi interni 100% biodegradabili, sempre a marchio Natracare. Oltre a questi, esiste almeno un'altra marca ben nota di assorbenti biodegradabili ed è Fiordiluna, del Baule Volante.

Comunque, visto anche il fallimento dell'esperienza, non mi sentii di continuare a cercare un compromesso; avrei potuto insistere con gli assorbenti naturali e provarne altri, ma ciò mi avrebbe riportata comunque al problema iniziale, quello del rifiuto.

Acquistare un oggetto che già in partenza risulta spacciato e destinato alla distruzione mi sembra follia. Vivo in una città costante preda della "emergenza rifiuti", pertanto questa parola assume un significato immediato per me. Mi è capitato di trovarmi asserragliata per settimane, con le finestre sbarrate, nel mio liceo circondato da cassonetti straripanti di immondizia marcia, e così ho potuto rendermi conto in modo prepotente che lo smaltimento dei rifiuti è un problema, di cui anche io sono causa.

Non mi interessavano i dati numerici, se fosse un assorbente al mese, o dieci, o cento... Non volevo incrementare un sistema che prevede continuamente, necessariamente, produzione e distruzione, produzione e distruzione, all'infinito... uno spreco di risorse al quale io non mi sento di partecipare.

Mi divenne chiara l'alternativa al tornare al supermercato e infilare nel carrello un altro pacco di assorbenti, biodegradabili o meno. Io, che decido in quali acquisti investire i miei soldi, dovevo per forza contribuire a riempire una discarica?
Per me, la responsabilità del prodotto che acquisto non finisce quando la cassa sputa fuori il suo scontrino. Chi se l'assume, dopo? Nessuno, pare; in realtà, tutti: è un costo collettivo che ricade su chi è direttamente responsabile, così come su chi non lo è.
Decisi che avrei premiato il prodotto riutilizzabile invece di quello di cui avrei potuto, e dovuto, disfarmi facilmente al termine dell'utilizzo.
Decisi, insomma, di provare gli assorbenti di stoffa.

Mia madre mi ripeté a lungo che la sua generazione aveva accolto come una liberazione l'avvento degli assorbenti usa e getta, e cercò di convincermi che li avrei trovati scomodi e di difficile manutenzione, ma dovevo provare sulla mia pelle prima di crederle: per me, c'era troppo in gioco.

Legittimai l'esperimento ai miei stessi occhi perché i Lines mi irritavano, e speravo di poter risolvere il problema col cotone; alla peggio, avrei sprecato un po' di soldi, non sarebbe stato un gran dramma. Anzi, se mi fossi trovata bene l'acquisto di un prodotto riutilizzabile, per quanto più costoso di uno usa-e-getta, sarebbe risultato sul lungo termine più conveniente del continuo rinnovo dell'oggetto stesso.

Avevo anche altri motivi per voler abbandonare per sempre gli assorbenti Lines (gli unici che soddisfacessero le esigenze del mio flusso): Lines è un marchio della Procter & Gamble, il che rima con vivisezione... una cosa orribile dalla quale tento di tenermi il più possibile alla larga.

Mi misi dunque alla ricerca di assorbenti lavabili, e per primi scoprii i lunapads, venduti dalla Bottega della luna; erano senz'altro molto accattivanti. Tra i pro, sembravano molto sottili; tra i contro, c'era sicuramente il prezzo elevato.
Dal momento che non ero affatto sicura di trovarmi bene con gli assorbenti di stoffa, decisi che non valeva la pena di spendere subito così tanti soldi per avere "il meglio" (per le mie esigenze di ciclo avrei dovuto comprare supporti e strisce per almeno 70 euro). Cercando qualcosa di meno sofisticato (e più economico), scovai ImseVimse, distribuito da NewBabyBerry.

Purtroppo, nelle prime 48 ore ho perdite di sangue veramente molto abbondanti. Per essere sempre "coperta", decisi di prendere un kit completo di 11 pezzi (costituito da 3 "tasche" impermeabili che si agganciano allo slip, e nelle quali si infila un rettangolo di flanella ripiegato), più un kit "regular" formato da tre pezzi (in flanella imbottita, e dalla forma sagomata di un classico assorbente). Non ci avevo riflettuto, ma mi accorsi presto che acquistare, in sostanza, 11 assorbenti senza ali era stato un grave errore; ero costretta ad utilizzare i due tipi in abbinamento: quello sagomato con ali sopra (per contenere le perdite laterali), e quello ripiegato di flanella sotto (per evitare macchie sugli slip). Anche sovrapporre due assorbenti "sagomati" mi garantiva la sicurezza totale di non macchiarmi.

Considerazioni generali.
Prima di tutto, la vestibilità; gli assorbenti non erano sottilissimi, ma a me non davano fastidio, li indossavo tranquillamente con jeans e gonne senza sentirmi a disagio.
Per quanto riguarda il "comfort", non mi irritavano, neanche quando il ciclo stava per terminare e le perdite erano meno abbondanti.
Piccolo neo: non avendo strisce adesive sotto, e chiudendosi esclusivamente al centro con un bottone a pressione, tendevano a girarsi e spostarsi. Posizionandoli bene e usando slip elasticizzati l'allarme rientrò in breve tempo.
Efficienza: assorbivano bene; usando strati sufficienti non mi macchiavo né provavo una sensazione di bagnato. Anzi, sembrava dovessi cambiarli meno spesso di quelli usa e getta.

Non ho mai avuto modo di usarli fuori casa per tutta la giornata, ma in questo caso penso che avrei portato con me assorbenti puliti e un sacchetto di plastica per quelli sporchi...
Immergendoli, subito dopo essermi cambiata, in acqua tiepida e sapone, e pretrattando a mano, lavarli in lavatrice era molto facile. Li lavavo efficacemente con un sapone ecologico e a volte li lasciavo in ammollo, per lavarli insieme a quelli del giorno successivo. Cambiandomi 3-4 volte al giorno riuscivo ad agire con tempestività, senza che il sangue seccasse attaccandosi ai tessuti.

Mentre io provavo Imse vimse, Marzia di Roma andava in missione per me (°_^) e provava i lunapads (potete leggere diffusamente la sua esperienza qui, qui, e qui).

Quello che mi colpì della sua testimonianza fu leggere della estrema morbidezza e comodità dei Lunapads, specie rispetto allo spessore.

Comodi da mettere e da togliere grazie agli automatici.
Stanno abbastanza fermi ma ovviamente non hanno la colla (vi rimando al post sui lines per farvi capire quanto sia meraviglioso che non l'abbiano), quindi sono più soggetti a spostamenti, pertanto vi consiglio di mettere sopra lo slip con il lunapad una culotte (io lo facevo pure con gli altri per stare tranquilla, ma qui è più necessario).
A dispetto dello spessore, che è maggiore di quelli usa e getta, non si sentono quasi per niente: si sente uno spessore maggiore degli altri, non lo nego, ma non è affatto scomodo perchè il tutto è morbidissimo.
Le vera sensazione di freschezza, tanto professata dalle marche commerciali, è quella che sto provando ora indossando questi di cotone perchè veramente la pelle traspira, mentre con tutti gli assorbenti la sensazione di caldo, appiccicaticcio, sudaticcio e plasticoso (non fate smorfie, chi non l'ha provato almeno una volta?) è sempre dietro l'angolo.
Traspirando la pelle anche il problema odori non si pone: dicono che i lines hanno il controlla odori e ci stanno pure quelli profumati di assorbenti, ma non mi è mai capitato che profumasse di rosa quando mi andavo a cambiare! Con questi invece non si sente niente, nè profumi nè puzze sospette.

E ancora:

Non l'avrei mai detto, ma gli assorbenti in flanella di cotone di cui ho già parlato (lunapads) assorbono più degli assorbenti normali usa e getta. Veramente questa cosa mi stupisce, ma è proprio così e torno a ribadire che la sensazione sulla pelle è di assoluta morbidezza e freschezza: addio irritazioni.
Io ho trovato la pace dei sensi con i lunapads.
Provare per credere.

Aggiungo altre considerazioni che mi sono sfuggite prima: si comprano su internet, sul sito della bottega della luna e si possono pagare sia in contrassegno che con carta di credito (anche postepay), ci sono dei kit già pronti che fanno risparmiare una 20ina di euro e per cominciare sono perfetti, arrivano a casa in delle bustine ermetiche di plastica per riporre le strisce se siete fuori casa e che dire del fatto che sono allegri e coloratissimi, ma esiste anche la versione biologica tutta bianca?

Dopo qualche mese di utilizzo degli assorbenti di stoffa, mi resi conto anch'io che tutto sommato mi trovavo molto bene e pensai quindi di ordinarne altri per potermi "rilassare" di più tra un lavaggio e l'altro.
Tuttavia, un commento di Chiara mi fece venire un'idea.
Chiara scriveva:

Qualche anno fa ero in Messico e conobbi un'americana o candese, non ricordo, che faceva gli assorbenti da sola e li vendeva. Aveva imparato su un sito in inglese che ha la silhouette dell'assorbente da tagliare, poi lei ci faceva anche l'astuccio con la clip. Erano fatti di flanella, e cotone o spugna, molto colorati. Il sito da cui si può scaricare il modello dell'assorbente è sistersinblood, provate con com o org, non mi ricordo.

Ovviamente mi misi subito in cerca del sito, e trovai le bloodsisters. Lo scopo del sito è sostanzialmente quello di spingere le donne a riappropriarsi delle proprie mestruazioni, indipendentemente dall'immagine che di esse ci viene fornita dall'esterno... Per la cronaca, la famosa sagoma si può scaricare da qui (è un pdf e il download richiede un po' di tempo). Il sito ha anche un relativo negozio on line ("Urban armor") dove si possono acquistare assorbenti, keeper e altre cosette, ma il collegamento presente sul sito è sbagliato; potete visitarlo cliccando qui. Non sono riuscita a capire le condizioni di vendita (il "negozio" è a Montreal), ma sbirciarlo è stato divertente: ci sono ottimi spunti per realizzare gli assorbenti in versione "fantasia".

[Segue riflessione di scabrosa autocoscienza femminile]
Immagino che forse, se gli assorbenti usa e getta hanno tanto successo, è anche perché mettono una distanza tra noi e il nostro corpo di donna - o meglio, le sue secrezioni.
Non ci faremmo problemi a strofinare col sapone ogni genere di macchia di cibo o grasso o erba dai vestiti, ma se si tratta di sangue, la cosa cambia. Perchè?

Qualche anno fa detestavo l'odore del mio sangue mestruale. Appallottolavo il mio lines in fretta e furia e senza respirare e se soltanto captavo una minuscola traccia odorosa diventavo letteralmente frenetica.

Poi mi sono chiesta perché dovesse essere così. Perchè dovessi provare ribrezzo per qualcosa prodotto dal mio corpo (il mio stesso sangue), e necessariamente, di riflesso, per il corpo che produceva quel sangue. Mi sono chiesta se c'era qualche buon motivo per considerare il sangue tabù e, non avendone trovato alcuno, decisi di familiarizzarci.

Guardando le sfumature di rosso e di porpora e vermiglio e tutte le loro gradazioni, e la consistenza più o meno fluida e vischiosa, e il diverso modo di riflettere la luce. E trovandolo tutto sommato stranamente poetico.
Toccandolo, o se non altro, abbandonando il terrore di essere toccata da quel rivoletto. Annusando in profondità, fino a farci l'abitudine e poter, infine, riconoscere come mio quell'odore. Intimo, personale, unico. Potente e inebriante e ancestrale, e senza dubbio degno di rispetto.

Non mi va più di gettarlo via come un rifiuto, neanche avessi deciso di rinnegarlo. E' la mia identità. Una parte di essa, una parte di me.
Sembrerà assurdo, ma usare assorbenti di stoffa mi sta costringendo ad entrare - tornare - in contatto con luoghi e funzioni del mio corpo che un po' tutte noi forse tendiamo a rimuovere, ma che probabilmente non dovremmo sottovalutare.[Fine riflessione scabrosa]


Insomma, col passare del tempo mi trovai così bene da decidere di cucirmi da sola nuovi assorbenti di stoffa, e così, un giorno, mi ci misi di buona lena...

Occorrente: flanella di cotone, spugna di cotone, cotone per cucire, spilli, carta per cartamodelli, forbici da cucito ben affilate.
La realizzazione non è difficile, forse è più complicato reperire alcuni materiali.

Sia la flanella che la spugna vengono vendute in pezze e purtroppo la larghezza non è standard: dipende dalla pezza di stoffa.
Cosa fare quindi?
Calcolate approssimativamente le dimensioni dell'assorbente: i miei sono risultati, ali escluse, di 26 x 9 cm. Calcolate il numero di assorbenti che intendete realizzare. In base alla larghezza della pezza, calcolate la lunghezza necessaria per ottenere tutti gli assorbenti di cui avete bisogno: dovrete acquistare il doppio di questa lunghezza per realizzare sia la facciata superiore che quella inferiore (è più facile a farsi che a dirsi).
Ripetete lo stesso procedimento per la spugna (probabilmente la pezza di spugna avrà una larghezza diversa e dovrete rifare tutto). Anche in questo caso dovrete acquistare il doppio della quantità calcolata, perché con uno strato solo di spugna l'assorbente viene sottile (a me è riuscito come un proteggi slip) e sicuramente per un ciclo mestruale medio è troppo leggero.
In tutto ciò la spesa è stata di 8 euro e a conti fatti dovrei ritrovarmi circa 15 assorbenti.
Ovviamente i prezzi possono variare; se riuscite a trovare in vendita del tessuto di cotone biologico tanto meglio, il prezzo salirà ma ci guadagnerà l'ambiente e forse anche la vostra pelle.
Per quanto riguarda il colore: la spugna l'ho trovata bianca, la flanella color panna; evitate i colori troppo forti, col tempo sbiadiscono, e poi sarebbe preferibile usare un materiale il meno "trattato" possibile. "Bianco" significa che la stoffa, probabilmente, è stata sbiancata; meglio sarebbe se il cotone venisse da coltivazione biologica e non fosse tinto né sbiancato... Comunque, tendenzialmente, mi fiderei maggiormente del cotone bianco che di quello colorato.
Appena potete, immergete in acqua fredda il tessuto, lasciatelo a bagno per la notte e poi stendetelo ad asciugare (potrebbe restringersi; comunque l'operazione serve anche a togliere eventuali sostanze presenti sulla stoffa).

Adesso, bisogna disegnare il cartamodello. Io come punto di partenza ho usato un assorbente Imse vimse, ma va bene anche un usa-e-getta: stendetelo sulla carta e tracciatene il profilo con una matita, cercando di essere precise.
E qui viene il bello: nulla vi vincola a questa forma. Se li volete più stretti, corti, lunghi o larghi potete modificare il cartamodello a piacimento; se volete farvi gli assorbenti per tanga potete disegnarli a forma di tanga; se vi servono i proteggi slip, potete farli piccoli e sottili quanto volete, o al contrario extralunghi e superimbottiti per la notte; insomma, potete sagomarli assecondando perfettamente le vostre esigenze. E in fondo hanno ragione le bloodsisters: li volete bianchi coi cuoricini, leopardati oppure neri? Potete scegliere la stoffa che preferite, purché sia morbida a contatto con la pelle (la flanella di cotone è una carezza, devo ammetterlo).

Una volta stabilite le dimensioni e il profilo, dovete decidere come tagliare il cartamodello (e quindi, poi, gli assorbenti).
Mi spiego meglio. Inizialmente, li avevo tagliati già sagomati, con le ali comprese, in un pezzo unico (gli Imse Vimse sono fatti così). Tuttavia in tal modo si spreca più stoffa (inutilizzabile, tra una sagoma e l'altra) e le ali risultano meno flessibili; pertanto ho deciso di cambiare metodo.

Ho disegnato un assorbente "anatomico" delle stesse dimensioni di quello con le ali, e le ali a parte, lasciando un paio di centimetri in più alla loro base perché poi andranno cucite sotto all'assorbente. In questo modo, dato che sia gli assorbenti che le ali possono essere tagliati quasi perfettamente affiancati (ve ne renderete conto subito), avanza solo qualche millimetro di stoffa: risparmio economico e di risorse.


Ecco i due cartamodelli. In definitiva sono molto facili da realizzare, e anche da correggere strada facendo se andate troppo abbondanti con le misure.

A questo punto, fissate con gli spilli il cartamodello sulla stoffa e procedete al taglio.
Per quanto riguarda la flanella, che è sottilissima, l'ho tagliata direttamente "a doppio", così la parte superiore e quella inferiore combaciano perfettamente, mentre questo con la spugna non si può fare perché è troppo spessa. Vi consiglio di tagliare la sagoma in spugna di qualche millimetro più piccola (o viceversa la flanella più grande) per agevolare la successiva cucitura evitando sovrapposizioni eccessive di tessuto.

Al termine delle operazioni, dovreste trovarvi in possesso di un numero imprecisato di sagome anatomiche in flanella, perfettamente sovrapposte, e un numero imprecisato di sagome identiche di spugna (se ve ne trovate giusto il doppio rispetto a quelle di flanella, complimenti!).

Bisogna poi pensare alle ali. Diciamo che prima di tagliare tutta la stoffa, quando mancano ancora una trentina di cm per esaurire la pezza, conviene fermarsi, contare gli assorbenti ottenuti, e valutare il da farsi.
Se si taglia ancora una fila di assorbenti, la stoffa rimanente sarà sufficiente a preparare ali per tutti gli assorbenti già tagliati? Regolatevi di conseguenza, ricordando che anche le ali vanno tagliate nella flanella "a doppio" e un po' più grandi della spugna, di cui invece non è indispensabile il doppio strato: uno solo dovrebbe bastare. Comunque niente drammi: se per qualche motivo la stoffa non vi bastasse, potete sempre comprarne altra!

La fatica, a questo punto, sta per avere termine, concedetevi una pausa. Ricordate che non dovete necessariamente fare tutto di seguito: il lavoro può essere suddiviso in diverse giornate, oppure svolto in compagnia spartendosi i ruoli. Il tutto potrebbe trasformarsi in una sessione di scambio e condivisione di saperi e poteri femminili tra voi, vostra madre o sua madre, la zia zitella, le cugine strette o le vostre migliori amiche. E' poco probabile che succeda, ma si può tentare!

Pausa fatta? Bene. Adesso bisogna cucire gli assorbenti.
Infilate il cotone nella macchina per cucire (sopra e sotto), fate un po' di scongiuri e iniziamo con la parte più delicata. Non sono per nulla esperta di cucito, quindi se avete più esperienza di me usate il punto e la tecnica che preferite; e scusatemi per il linguaggio poco tecnico! Per le imbranate come me, invece, si fa così.

Innanzitutto ponete la spugna (almeno due strati) tra le due superfici di flanella. Fate attenzione, siate precise nel sovrapporre le stoffe: se gli assorbenti sono asimmetrici non confondete avanti e dietro; lasciate fuori la parte più soffice della flanella, perché vada a contatto con la pelle.

Cucite l'assorbente per il lungo, nella parte centrale, col punto dritto; servirà a tenerlo fermo mentre cucite il resto (basta qualche centimetro).
Cucite col punto a zigzag, piuttosto piccolo, il contorno dell'assorbente (con calma, e senza fretta).
Cucite, sempre col punto piccolo a zigzag, la parte arrotondata delle ali.
Non vi dimenticate di tagliare il filo di cotone tra una fase e l'altra!
Posizionate le ali sul bordo inferiore dell'assorbente, alla giusta altezza e distanza dal bordo, e cucitele col punto dritto.

Fermatevi per ammirare la vostra creazione, dovrebbe essere già abbastanza simile agli assorbenti della Imse Vimse.
Adesso, dedichiamoci alle rifiniture: può essere utile ripassare tutto l'assorbente con gli stessi punti utilizzati sopra; tagliate gli eccessi di filo, eventuale spugna fuoriuscita (ecco l'importanza di un'imbottitura più piccola) e via discorrendo.

Quando avrete ammonticchiato la vostra pila di assorbenti di stoffa, dovrete portarli in merceria e farvi applicare dei bottoni a pressione sulle ali, per poterle agganciare al di sotto degli slip. Dovreste aver fatto in precedenza delle prove, col cartamodello, per stabilire lunghezza e larghezza ottimali delle ali (e margini di sovrapposizione).

State certe che tutti i presenti in merceria vi chiederanno cosa sono, a cosa servono e perché usate quei cosi; io ho candidamente spiegato che sono assorbenti, e che li utilizzo perché gli usa-e-getta mi irritano, mentre il cotone mi fa sentire divinamente; ho riscosso l'approvazione generale.

Tra squilli di trombe e cori angelici, dovrebbero restituirvi qualcosa del genere:



Sorridete, pagate, tornate a casa, date fuoco alla macchina per cucire e gettate tutti gli scampoli di tessuto, i cartamodelli, gli spilli in un rogo propiziatorio e purificatore. Se avete condiviso la fatica con altre streghette, condividete anche i fiammiferi, equamente.

Idee, varianti, suggerimenti.
E' utile cucire, con i materiali che avete a disposizione (anche vecchie t-shirt vanno bene), un piccolo sacchetto con una stringa per riporre gli assorbenti quando non li usate.

Due strati di spugna potrebbero non bastare per garantirvi una buona assorbenza: vi consiglio di approntare un campione di prova e procedere con una verifica sul campo, prima di realizzare altri esemplari.

Idea innovativa: se tagliate in tre segmenti, nel senso della larghezza, la spugna per imbottire (più o meno poco sopra e poco sotto le ali), e la appoggiate sulla flanella lasciando un solco di un paio di millimetri tra i vari pezzi, e poi assemblate l'assorbente e cucite in quel solco col punto dritto, bene, avrete ottenuto esattamente un assorbente ripiegabile (Lines ci fa un baffo!!).

Se la merceria a voi più vicina cerca di rubarvi qualcosa come un euro per ogni bottone a pressione applicato, potrebbe essere un'idea l'utilizzo di un bottone normale che potete cucirvi da sole (senza buttar via metà del vostro stipendio).
Esistono anche bottoncini a pressione in plastica, con i forellini, da cucire direttamente a casa; comunque, il velcro funziona molto bene per agganciare reciprocamente le ali.

Se avete paura che l'assorbente si sposti, si può addirittura cucire uno strato di velcro sulla parte inferiore dell'assorbente, e un'altra su uno dei vostri slip: neanche un tornado lo staccherebbe. Immagino che sia una cosa piuttosto originale, ma so di ragazze che nei giorni del ciclo indossano solo gli slip di paperino, oppure la classica "mutanda della nonna", o chissà che altro, quindi, perché non questo?

Ancora: per renderli più robusti, potrebbe essere utile cucire anche la flanella in doppio strato. Fate delle prove e regolatevi di conseguenza.

Dato che la spugna assorbe molto bene, ma se avete un flusso forte può impregnarsi di sangue facendovi sporcare gli slip, è utile procurarvi un particolare tipo di stoffa impermeabile per realizzare la base degli assorbenti: si tratta del PUL, laminato di poliuretano. A me l'ha procurato Sonya del Forum Creattività, pare che non si trovi molto facilmente.
E' un tessuto leggero, sottile, morbido e impermeabile, col quale potete foderare la parte inferiore degli assorbenti, o quella superiore degli slip, escludendo completamente il rischio di perdite e macchie.

Con lo stesso tessuto potete realizzare qualche astuccio in cui riporre gli assorbenti (sia quelli puliti che quelli sporchi) quando vi trovate fuori casa.

Per concludere, potete realizzare anche dei piccoli proteggi slip per le perdite tra un ciclo e l'altro.

Questi sono spessi 1 cm, larghi 6, lunghi 14 e come potete vedere il modello è "sfoderabile", realizzato seguendo le indicazioni di questo blog, e con materiali di recupero.

Per calcolare le dimensioni, mi sono servita ancora una volta di un comune proteggi slip usa e getta; ne ho ricalcato la sagoma su carta e l'ho usata per tagliare la stoffa. Ho anche aggiunto delle "alucce", necessarie a tenerlo fermo e bene in posizione.

Per la parte inferiore dei proteggi slip, ali comprese, ho utilizzato il tessuto impermeabile delle vecchie tasche Imse Vimse (se ce l'avete, potete usare il PUL).

Per la parte superiore, ho recuperato la stoffa dalle "pezze" ripiegabili di flanella abbinate alle tasche (ne avevo in abbondanza e una volta scucite si ricava il doppio della stoffa).

Per "imbottirli" bisogna realizzare delle pezze "mini", più sottili e più piccole, da infilare ripiegate all'interno dell'assorbente (credo che questo tipo di modello faciliti di molto il lavaggio dei tessuti; infatti, analogamente, si possono realizzare assorbenti di stoffa seguendo questo genere di istruzioni - a pensarci prima!).

Anche per le ali ho usato materiali di recupero: in un caso le ho cucite tali e quali, staccandole dalla tasca Imse Vimse ormai smembrata; nell'altro le ho assemblate con la stoffa applicandovi un piccolo quadratino di velcro robusto.

Ho utilizzato tutti questi prodotti con molta soddisfazione fino a che non ho scoperto Mooncup, che mi ha rivoluzionato la vita mestruale, ma quella è un'altra storia... Sugli assorbenti ecologici, da parte mia, questo è tutto!

AGGIORNATO AL 27/12/07.